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Com’è convivere con una patologia cronica invisibile? Mattia ci parla del diabete di tipo 1

Se una persona ha il braccio ingessato, assumiamo che se lo sia rotto.

Se qualcuno cammina con le stampelle o in carrozzina, è facile ipotizzare che la causa sia un problema di mobilità. Lo stesso succede con tante altre patologie i cui sintomi risultano evidenti.

Ma non tutte le malattie sono così visibili dall’esterno. Esistono malattie invisibili, invalidanti quanto quelle visibili, che risultano complesse da gestire non solo dal punto di vista psicofisico ma anche sociale, a causa di stereotipi e pregiudizi dannosi.

Infatti, dato che queste patologie risultano invisibili, spesso le persone che le affrontano vedono il proprio dolore sminuito dall’occhio esterno, come se fosse meno valido o falso se si appare in “buona salute”. Ma nessuno sa cosa c’è dietro: tempi più lunghi di diagnosi, quotidianità completamente da riorganizzare, frustrazione, difficoltà nella gestione dei sintomi, terapie farmacologiche. E non è da sottovalutare l’impatto che tutto ciò ha sulla salute mentale.

Fare informazione reale e consapevole sulle patologie croniche invisibili è essenziale. Più persone conoscono la verità, più persone possono diffonderla. Affinché nessuno sia più costrettə a sentirsi solə, giudicatə, incompresə.

Ho intervistato Mattia Rossi, 24 anni, studente del corso di laurea magistrale in Informatica, a cui è stato diagnosticato il diabete di tipo 1 a soli otto anni. Mattia ci ha parlato della diagnosi e del periodo di adattamento, di cosa significa convivere con una patologia cronica che nessuno vede, e di come è possibile vivere una vita ricca e bellissima nonostante la sofferenza

Vi lascio all’intervista!

[Marcella] Tralasciando per un attimo la definizione scientifica, cos’è per il diabete per te? Che rapporto hai con la tua patologia?

[Mattia] Per me il diabete è diventato la normalità. Ormai ho trascorso più anni con il diabete che senza diabete; quindi, posso dire che fa parte della mia vita in modo naturale, con tutti i suoi aspetti positivi e negativi.

[Marcella] Come è cambiato tale rapporto attraverso gli anni?

[Mattia] La difficoltà più grande, come accade con molte patologie, è stata accettare il cambiamento improvviso della mia quotidianità. Tuttavia, la mia esperienza non è stata estremamente drammatica: col tempo ho imparato ad affrontare le varie sfaccettature del diabete e ad accoglierlo come parte di me, perché effettivamente lo è. Non mi sarei mai potuto accettare se non avessi accettato anche il diabete.

[Marcella] Ti sei mai sentito diverso per questo? La tua patologia ha mai scatenato del bullismo nei tuoi confronti?

[Mattia] Ci sono stati momenti in cui anche un semplice gelato o un’uscita con gli amici si trasformavano in situazioni complesse, per esempio dover trovare un posto dove fare l’iniezione di insulina o affrontare un calo di zuccheri. Questi episodi mi ricordavano che ero “diverso”. Fortunatamente non ho mai vissuto episodi di bullismo: la maggior parte delle persone ha reagito con indifferenza o con scarsa comprensione della patologia. Meglio del bullismo sicuramente, ma è bello anche trovare qualcuno che è pronto a comprenderti e starti vicino, invece di ignorare la situazione. 

[Marcella] Che conseguenze ha avuto il diabete sulla tua famiglia?

[Mattia] È stato un fulmine a ciel sereno, soprattutto perché la diagnosi è arrivata quando avevo solo otto anni. Nonostante ciò, i miei genitori si sono dimostrati molto presenti e capaci di darmi il giusto supporto nei momenti più difficili, soprattutto nei primi periodi. Anche perché non è facile spiegare ad un bambino che una parte del suo corpo che aveva sempre funzionato bene all’improvviso non funziona più; se per un adulto è difficile, per un bambino lo è ancora di più.

[Marcella] Quali sono gli stereotipi falsi e più dannosi diffusi sul diabete? 

[Mattia] Lo stereotipo più diffuso è che una persona diabetica non possa mangiare dolci o cibi zuccherati. Credo che questa convinzione nasca soprattutto dalla confusione tra diabete di tipo 1 e di tipo 2, quindi rispettivamente essere incapace di produrre insulina nel caso di tipo 1 e di doverla “compensare” nel caso del tipo 2. Quindi lo stereotipo nasce dalla disinformazione.

[Marcella] Cosa vorresti che sapessero le persone su questa patologia?

[Mattia] Vorrei che si capisse che il diabete non è così “semplice” come potrebbe apparire. Pur potendo sembrare invisibile a chi non lo vive, resta una malattia cronica che non concede mai una vera pausa e che richiede continue attenzioni, e questo in alcuni momenti può essere estenuante. Ma, nonostante ciò, permette di vivere una vita normale, con le giuste accortezze e precauzioni. 

[Marcella] Se una persona che fa parte della nostra vita ha il diabete, quali sono le cose e le parole giuste e quali sono quelle sbagliate?

[Mattia] Dipende molto dal singolo individuo. Io, per esempio, cerco di sdrammatizzare per mettere gli altri a loro agio, dato che io stesso ormai sono a mio agio con la mia patologia. Quel che potrebbe risultare fastidioso, in generale, è sottovalutare o sminuire la patologia, oppure sentirsi dire classiche frasi fatte e ripetitive da chi falsamente empatizza con condizioni del genere, senza essere davvero informato.

[Marcella] In che modo convivere con questa patologia influenza la tua salute mentale?

[Mattia] È una patologia che richiede controllo costante, e non si può sempre avere tutto sotto controllo, nonostante l’impegno. Soprattutto fa parte di me, quindi quando ho bisogno di una pausa non posso prendermi una pausa da me stesso o dal mio corpo. Questo può essere frustrante e influire negativamente sull’umore e sulla vita di tutti i giorni. Ad esempio, basta pensare alle ipoglicemie notturne che interrompono il sonno in modo brusco.
In casi di iperglicemie l’umore può subire sbalzi, rendendo difficile anche la concentrazione, e le attività più semplici possono diventare estenuanti.

[Marcella] Ci sono dei momenti in cui vorresti non averlo? Come li superi?

[Mattia] In passato sì, mi è capitato di desiderare di non averlo. Chi non desidererebbe di non avere una malattia?
Oggi, quei momenti sono più rari, ma faccio ancora i conti con stress e frustrazione che affiorano quando cerco un po’ di tranquillità e la glicemia fa i capricci. Di solito mi aiuta prendermi una “pausa” (se non dal diabete stesso, almeno da qualsiasi cosa io stia facendo in quel momento) e ascoltare musica: influisce positivamente sull’umore, e l’umore stesso, a sua volta, ha un impatto importante sulla gestione del diabete.

[Marcella] Cosa diresti a qualcuno a cui è appena stato diagnosticato il diabete?

[Mattia] Direi che i primi tempi possono essere opprimenti, ma con il passare del tempo la gestione diventa gradualmente più semplice. Subentra un senso di abitudine. Poi rispetto a dieci anni fa esistono soluzioni davvero utili, come i microinfusori e i sensori di monitoraggio continuo della glicemia, che semplificano di molto la vita quotidiana. Per quanto sia una condizione cronica, il diabete non deve impedire di vivere pienamente la propria vita, e se lo si gestisce con la dovuta attenzione si può vivere normalmente…solo con qualche ago in più!

Conclusioni

Ringrazio Mattia per aver condiviso con me la sua storia, per la sua disponibilità e la sua sincerità. Grazie Mattia!

E concludo proprio con le sue parole, le patologie croniche non concedono mai una vera pausa, per cui è importante approcciarci alle persone che ne soffrono con comprensione, rispetto ed empatia. 

Marcella Cacciapuoti

Leggi anche: Convivere con il dolore: intervista alla Dott.ssa Scaglione

Marcella Cacciapuoti

Classe 2001. Laureata in lettere moderne e studentessa di filologia moderna. Scrivo, leggo, e sogno un dottorato in linguistica. Mi chiamo Marcella e sono in continua evoluzione. Innamorata delle parole e affamata di pace. Racconto le storie degli altri per trovare la mia.
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