“Without borders”: di fotografia e proteiforme amore
di Sveva Di Palma
“L’amore in tutte le sue forme ci ha unito nella nostra esperienza creativa, abbiamo unito le rispettive visioni per creare e diffondere un messaggio d’amore e unione, privato ed universale” – Giuseppe Armellino
I tesori sono spesso nascosti in piccoli, raccolti luoghi poco affollati, sufficientemente capienti da accogliere e preservare. La mostra fotografica di Giuseppe Armellino (SKPEPS) e Teresa Emanuela Leone (TERE TPGDA), preziosa e delicata, è ospitata da un luogo del genere: Ab ovo Bottega d’arte e bellezza (Via Bellini, Napoli).
Giuseppe e Teresa, due giovani fotografi napoletani, hanno scelto di intitolare la loro comune opera “Without borders” e di presentarla con la seguente frase dell’antropologo norvegese Thor Heyerdhal: “Di confini non ne ho mai visto uno. Ma ho sentito che esistono nella mente di alcune persone”. Questo dovrebbe bastare ad un pubblico attento e solerte per comprendere il movimento interiore che ha condotto la mano e l’occhio di questi due artisti. Il messaggio è chiaro: tendere una mano verso l’esterno, arrivare all’altro, cercare il contatto.
In fondo, ogni espressione artistica ha una missione comunicativa, di flusso liberatorio e speranza di incontro. Le fotografie di Giuseppe e Teresa, tuttavia, abbracciano un contesto e veicolano una necessità più ampia, più urgente. La soggettività è un punto di partenza, una vibrazione iniziale che si espande fino a ricoprire il mondo, catturandone in un’istantanea l’attuale condizione. Gli approcci differenti dei due fotografi formano un connubio interessante, un organismo vivo e multiforme che non si limita a cogliere degli attimi o a congelare un’immagine di particolare bellezza.
Osservando l’esposizione, c’imbattiamo in un vero e proprio scambio di battute, un dialogo sull’amore e sulle sue sfumature, le sue inflessioni, le sue gradazioni. Giuseppe celebra l’amore per l’essere umano, ma anche per l’armonia compositiva e la natura. Il suo sguardo si posa su ogni cosa bella, riconoscendola come tale e per questo raccogliendola come testimonianza di grazia.
La tecnica viene utilizzata a mezzo di campionatura della meraviglia insita nell’osservazione. Teresa, in questo passo a due, si muove con maestria ed eleganza, talvolta anche stabilendone il ritmo. La sua voce è forte e ci conduce a riflettere sulla nostra capacità di essere solidali, aperti, compassionevoli.
Guardiamo fotografie perfette, ma non è in questo che esauriamo la nostra introspezione: dobbiamo andare più a fondo. Teresa ci vuole smuovere, ci vuole provocare senza aggressività, ci sollecita. Perché non riusciamo a distruggere i nostri pregiudizi? Perché siamo così limitati da costrutti mentali che non sono endogeni ma implementazioni esterne, estranee? Come ci salviamo da questa cecità dilagante, da questa bolla di chiusura che ci opprime e annebbia la mente, rendendola rigida e impenetrabile?
Teresa è capace di vedere oltre, di srotolare la sua fantasia e di usarla a scopo pedagogico e istruttivo, il suo obiettivo è aprire una breccia. Una breccia che spera di divenire svelamento e scoperta. Celebrare la diversità e le varie forme dell’amore non deve diventare un discorso generico e banalizzante, ma tramutarsi in una prassi di trasformazione e educazione alla gentilezza; parliamo di una pratica quotidiana, di una reiterazione da attuare con dedizione. Giuseppe e Teresa ci indicano una via percorribile, attraverso le immagini e le sensazioni, colpendo il nostro senso principale. Andate a vedere, pungolate la vostra vista, scomodate il vostro corpo e il vostro intelletto.