Perché Sanremo è Sanremo, purtroppo o per fortuna
di Alessandra De Paola
Tutti lo odiano, ma poi tutti lo votano.
No, non è Berlusconi: è Sanremo.
Alla fine facciamo sempre così, TUTTI, nessuno escluso perché anche chi vuole prenderne le distanze alla fine si lascia travolgere da valanghe di commenti, immagini e post che piovono sulle home.
In questa settimana della musica e a tratti della “cantilena”, non è tanto l’aspetto artistico che prevale, quanto la sensazione di inadeguatezza che si mostra ai nostri occhi.
Infatti, lasciando da parte la critica musicale – che sicuramente sarà oggetto di discussione di qualcuno ben più competente di me – i miei occhietti assonnati da comunissima telespettatrice media, cadono su un leitmotiv fin troppo noioso.
Due uomini e una gamba, una poveretta nei panni della femme fatale che si ritrova in abiti eleganti, tesa come se avesse un manico di scopa incollato alla schiena, si sforza di essere simpatica ed accattivante, suscitando solo timidi e forzati sorrisi.
E poi deve essere pure messa K.O. da 10 minuti di ospitalità dati a Michelle Hunziker, povera stella.
Meno male che Claudio Bisio ha indossato quella giacca-Casamonica, altrimenti di che avremmo dovuto parlare?
Che poi, offesissimi i Savastano, perché in Gomorra si vede chiaramente che anche i loro divani avevano quel genere di tappezzeria, ma che ci vuoi fare Genny?
Al massimo ti saluto io in una mia diretta Instagram, ma chissà se fa lo stesso share.
In questa vagonata di ripetitività, un po’ come è ripetitivo Baglioni che canta se stesso, ci siamo affezionati ai concorrenti; non tanto per le loro esibizioni, quanto per il fatto che siano sempre gli stessi.
Sembrano quelle zie zitelle che vedi solo ai cenoni di Natale, ma delle quali non si può fare a meno, anche perché ti allungano 50 euro sotto il tavolo.
Comunque il problema non è tanto Patty Pravo, che almeno ci dà testimonianza dei progressi della chirurgia e dell’ibernazione e di quanto l’egocentrismo possa infrangere il muro del suono, quanto del fatto che Il Volo sia socialmente accettato e Loredana Bertè no.
Ma seriamente?
Così criticata quella coscia scoperta e nemmeno una parola sui pantaloni di Ignazio ? E jamm.
Che poi, ad avercela una coscia così (dopo i 50 anni, ma pure ora in certi casi).
E che dire degli intramontabili Fiorella Mannoia, Anna Tatangelo, Paola Turci, Nek, Francesco Renga? Ma vi puzza la casa? Perché state sempre qua?
A questo punto sento legittimamente la mancanza dei Pooh.
NON SI PUOOOOOOO’
NON SI PUOOOOOOOO’
NO, NON SI PUOOOOOOOOOO’
E poi facciamo ricomparire il padrone di casa, zio Pippo Baudo, che viene a controllare come funziona il negozio dopo il suo pensionamento.
Paternalismo e benevolenza come se piovessero. Animi malinconici accontentati.
Una ventata di innovazione almeno arriva con questa combriccola di giovincelli vestiti male tipo Irama, Ghemon, Ultimo e Federica Carta + Shade.
Meno male che poi arriva anche Arisa che si sente bene, perché io ancora me la ricordo quando cantava Malamorenò e si vestiva da personaggio dei cartoni animati.
Fortunatamente un po’ di serietà ce la portano Daniele Silvestri che con Argento vivo si muove un po’ oltre quella che è l’aura floreale tutta sole-cuore-amore sanremese; seguito da Cristicchi che quando tocca un microfono almeno ti suscita qualcosa (che siano brividi o vomito dipende dai vostri cuoricini) e gli Ex-Otago che ci ricordano che è troppo bello amarsi quando si hanno 20 anni e si è belli pimpanti. Il difficile viene dopo un altro ventennio.
D’altra parte non si può nemmeno pretendere che a tutti piaccia riflettere, stiamo pur sempre parlando del festival che ha voluto ammutolire Freddie Mercury con il playback e che poi ha dato la vittoria nel 2010 a Pupo ed Emanuele Filiberto e quell’altro là… (Luca Canonici, tenore).