Vale Lambo, il nuovo Angelo di Secondigliano
Di Barbara Petrano
Valerio Apice, classe 1991, tre anni a Londra, adolescenza e infanzia nell’area nord di Napoli, Le Scimmie e un album da solista.
A soli 17 anni, Vale Lambo entra a far parte del collettivo 365muv e incide il brano È meglio pe’ loro, ma è con Le Scimmie e Lele Blade che ha raggiunto il successo e si è fatto conoscere dal grande pubblico. Il loro primo album El Dorado è stato un boom.
Il 16 marzo esce il primo disco da solista del giovane rapper, “Angelo”. Si conferma tra gli artisti migliori della nuova scuola. Il suo genere è nato da contaminazioni del rap americano e francese, senza dimenticare i Co’ Sang e La Famiglia del panorama partenopeo. Diventa quasi cronista della sua città e tramite i suoi testi ti fa rivivere sensazioni, ti guida tra le strade e ti porta con lui a vivere certe situazioni.
I palazzi grigi, la vita pesante della periferia e la voglia di emergere caratterizzano Valerio. La volontà di affermarsi nella nuova scena hip hop dopo i grandi artisti del rap partenopeo. L’innovazione, l’ambizione e la “fame” contraddistinguono quest’album.
Perché si chiama così l’album?
Vale racconta storie attraverso gli occhi di Angelo. Si serve di un alter ego, un’ estensione del suo sé che gli serve per raccontare, Angelo è i suoi occhi e la sua voce. Lo immagina come uno scugniziello che passa molto del suo tempo a giocare a calcio, si scoccia di andare a scuola e assiste a molte cose ambigue. Amante del Napoli, cresciuto troppo in fretta, sogna un futuro diverso da quello che la periferia può dare. Magari vestito con le felpe lunghe e le tute kappa, lo sguardo furbetto e il cuore buono, quello che da noi sarebbe definito “o pane re guagliuni”.
“Angiolè ma stu scemo che vvo?
Sta nu scemo se fa gruosso ca vocca”
Tratto da Perché
E “Vonno fa for a tutti quant’,
ma quando?
Vonno a’ Angioletto ma nun s’o fanno” tratto da Overo Fai
Questi solo alcuni dei testi in cui si fa riferimento ad Angelo.
Solo due brani dell’album, invece, si distaccano da questa concezione di storytelling di periferia, Senza e’ te e Io, quest’ultima in collaborazione con Coco.
“Me credevo ca putevo sta senza e’ te,
ma comm’ so stato scemo,
povero a mme”
In Senza e’ Te racconta una relazione finita male a causa di un suo tradimento. Ti trasporta in una dimensione buia, di un’anima distrutta, la sua. La descrive e te la fa rivivere così: raccontandosi.
“Ho quattro angeli, forse uno buono
Cosa vuoi dalla vita?
Cosa vogliono queste persone?
Sanno cos’è la tensione, il dolore, l’amore?
A scuola filone
Poi quattro calci al pallone
Botte col tipo buffone
Lo chiamano palo, non perché accende il lampione
Arriva se arrivano i droni
Freddato, bacialo se muore
E poi cambio casa, nazione
Cresciuto coi grandi: Al Capone
Scrivo a mio zio che è in prigione
Diceva “un giorno farete i cantanti
Mi dedicherai una canzone”
In questa strofa, tratta da Io, nessuna frase è messa lì a caso. Troviamo il racconto di un passato, condito con la stupenda voce di Coco e le sue strofe emozionanti. Tutto segue un ordine temporale e ti entra dentro, dritto all’anima.
È quello il compito della musica, no? Vale ci è riuscito in un modo nuovo e sensazionale, raccontando e raccontandosi con una semplicità inaudita, creando strofe spettacolari.
Era quello che la musica aspettava da tempo.