Piantare in Nasso
“Abbandonare qualcuno da un momento all’altro senza preavviso”.
Ma non si è sempre detto “piantare in asso”?
Questa locuzione nasce nell’antica Grecia, grazie al mito di Arianna, che è ambientato sull’isola di Nasso. Arianna, in greco antico Ariádnē, è la principessa di Creta, figlia del re Minosse e di Pasifae.
Ci sono molte versioni di questa leggenda, una delle quali narra che lei si innamorò di Teseo.
Il mito parte da Minosse che spodestò i fratelli e prese il controllo di Creta, di cui divenne re. Per mostrare agli altri pretendenti che aveva agito giustamente si fece inviare dal dio Poseidone un bellissimo toro bianco, che poi avrebbe dovuto sacrificare; le cose, però, non andarono proprio così, infatti egli sacrificò una bestia di minor pregio. Poseidone, irato, inviò a lui e sua moglie un figlio mostruoso, metà uomo e metà toro, che loro chiamarono Asterione, ma divenne noto con l’appellativo di Minotauro.
Ma come nasce costui?
Tutto parte in tempi antichi in cui il padre di Pasifae aveva rivelato al marito della Dea dell’amore Afrodite il suo adulterio. Quindi costei da molto tentava una vendetta, ed essendo Pasifae restia all’unione corporea, decise di renderla debole proprio in questo ambito; così ella subito decise di accoppiarsi con il toro e venne aiutata da un architetto molto importante all’epoca di nome Dedalo, che le fece costruire una struttura a forma di mucca in cui lei compì questa unione. Ecco spiegata la nascita di Asterione.
Per la vergogna il re di Creta lo fece rinchiudere in un labirinto fatto creare appositamente da un architetto.
Asterione veniva tenuto in vita grazie ad un tributo di sette fanciulli e sette fanciulle ateniesi, che ogni anno gli veniva offerto in pasto grazie alla vittoria conquistata proprio su questo popolo.
A voler porre fine a questo scempio fu Teseo, il quale trovò subito la complicità di Arianna, che si era innamorata a prima vista del giovane ateniese. Teseo si offrì come tributo e la figlia del re gli diede un gomitolo di filo magico, che lui legò all’uscita e portò con sé. Trovò il Minotauro e lo pugnalò, ma si rese conto che la sua pelle era invulnerabile, così gli tagliò un corno e lo trafisse sacrificandolo a Poseidone. Uscito dal labirinto fuggì verso Atene insieme ad Arianna, ma poi la fece addormentare “piantandola” sull’isola di Nasso.
Vari sono i racconti, in alcuni si afferma che l’abbandono non fu volontario, ma voluto da Dioniso (originariamente dio arcaico della vegetazione), che poi la prenderà come sposa.
Mito trattato da diversi autori, in particolare quest’episodio fu spiegato nel carme 64 di Catullo.
“Così mi rapisti, o perfido, dal focolare paterno e mi lasciasti, o Teseo, sopra una spiaggia deserta?”
Queste sono le prima parole pronunciate da Catullo nel carme, che esprimono il dolore della fanciulla abbandonata a se stessa.
Ma ora vediamo il perché di asso, sostituito a Nasso.
Il termine viene ricondotto al gioco delle carte, dove l’asso ha valore 1, quindi la carta peggiore con il punto più basso, che viene giocata perché, molto spesso, definita inutile.
Quante volte è capitato nella vita di ognuno di noi di essere piantati in asso. Quali sensazioni proviamo? Come reagiamo ad una tale azione? Ognuno di noi ha modi diversi con i quali affronta questa situazione.
Ma proviamo a guardare con gli occhi di chi abbandona una persona…
A volte piantare una persona è una scelta forzata, per volere altrui o per il bene della stessa; come nel mito anche nella realtà molte volte non si riesce a comprendere la reale motivazione di questa decisione, quindi che fare?
Comprendere che nella vita nessuno è indispensabile, noi non abbiamo bisogno di trovare qualcuno che per qualsivoglia ragione non può o non vuole stare con noi. Bisogna bastarsi, bisogna capire che molte cose nella vita finiscono e non c’è modo di riportarle indietro.
Anche questo è un modo per crescere e maturare; i cambiamenti non devono spaventarci, tutto muta e noi dobbiamo adattarci.
Facile a dirsi, riusciremo a metterlo in atto?
Paola Palumbo
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